INTRODUZIONE
Dopo aver interpretato il sogno del coppiere, il quale fu ristabilito nel suo ufficio in soli tre giorni (Gen. 40:12,13), Giuseppe rimase in carcere per altri due anni. La circostanza della sua liberazione fu dovuta al Faraone e ai suoi sogni, dei quali nessuno dei saggi del tempo seppe dare un’interpretazione. Soltanto allora, il coppiere si ricordò di Giuseppe (Gen. 41:9) e ne parlò al Faraone, il quale dispose che fosse fatto uscire di prigione. E’ importante notare come Giuseppe, da persona umile e uomo spirituale:
- Spostò l’attenzione del Faraone verso Dio, manifestando una nobiltà d’animo del tutto particolare e, dopo aver dato l’interpretazione dei sogni,
- Suggerì il modo per poter affrontare la calamità incombente, affidando il caso a uomini fidati e capaci per amministrare la faccenda nel modo migliore.
Il Signore spinse il Faraone a comprendere e vedere in Giuseppe oltre che la saggezza che aveva anche la qualità distintiva rispetto ad altri, e cosi gli assunse il controllo di tutto l’Egitto. La carestia annunciata da Dio si verificò e dopo la carestia (dopo due anni) anche i suoi fratelli vennero a comprare il grano, e Giuseppe continuò a mostrare le sue speciali attitudini interiori: la fede nella provvidenza divina, il servizio diligente e amorevole e il perdono dei suoi fratelli, la sua scelta fu sempre di rimanere fedele a Dio.
ESPOSIZIONE DEL TESTO BIBLICO
- CONFIDARE NELLA PROVVIDENZA DI DIO (Genese 45:1-8)
Giuseppe non si lamentò mai di quanto gli era avvenuto. Ripensando all’iter della sua vita, aveva ricevuto soltanto travagli: la cisterna, la vendita come schiavo, l’accusa ingiusta della moglie di Potifar, la carcerazione. Giuseppe, tuttavia continuò a essere fiducioso in Dio e a confidare nel Suo piano benevolo.
- Il momento della verità
Nonostante gli accorgimenti usati per mettere alla prova l’integrità dei fratelli, Giuseppe voleva perdonarli, ancor prima di verificare se essi fossero veramente cambiati. Alla fine, Giuseppe si rivelò ai suoi fratelli, e costoro rimasero sorpresi e “atterriti della sua presenza”. Probabilmente temettero una giusta e immediata ritorsione, ma essi dimenticavano che Giuseppe era ancora un uomo di dio e suoi sentimenti erano sinceri e amorevoli.
- Dio ha tutto sotto controllo
I versetti 4-8 chiariscono che Giuseppe non aveva coltivato sentimenti di amarezza e di rivalsa verso i suoi fratelli. Egli li amava e li aveva perdonati. Per questi motivi non nutriva alcuna amarezza nei loro confronti. Se Giuseppe avesse considerato la propria esperienza solamente alla luce degli oltraggi subiti, probabilmente, avrebbe odiato i suoi fratelli. Giuseppe, invece, era un uomo di Dio e sapeva che al di sopra di tutto c’era la sua potente mano che aveva guidato ogni particolare di tutto ciò che era avvenuto. La fede nella provvidenza divina, nella Sua capacità di trarre il bene dal male, è il fondamento della nostra disposizione di fede. Questo permette di allontanare ogni sentimento d’ira, disperazione o odio dinanzi alle avversità.
- Il popolo di Dio preservato
Nei versetti 5-8 Giuseppe spiegò che era stato venduto come schiavo per adempiere uno scopo che andava molto di là degli stretti confini dell’odio dei suoi fratelli. Dio aveva preconosciuto ogni cosa e il Suo piano onnisciente era la vera ragione per tutto ciò che era accaduto. Il piano divino per la redenzione dell’umanità era imperniato sulla sopravvivenza della famiglia di Israele. L’ubbidienza di Giuseppe, quindi ebbe un ruolo decisivo nella realizzazione del piano divino. Le misure che oggi Dio adotta in nostro favore sono ugualmente miracolose.
- AMORE IN AZIONE
Dopo essersi rivelato ai suoi fratelli, Giuseppe manifeste quel che c’era nel suo cuore: interesse e affetto autentici per la sua famiglia, ribadisce le sue reali intenzioni che erano quelle di fare, non le proprie vendette, ma del bene a chi gli aveva fatto del male. Questa deve essere un’attitudine propria di ogni vero credente nato di nuovo.
- Un servizio amorevole
Giuseppe non voleva soltanto sostenere la sua famiglia, ma desiderava che fosse vicina a lui, per averne cura personalmente. Egli traboccava d’amore per i suoi famigliari: il suo aiuto e la sua preoccupazione sinceri ne sono la chiara evidenza. Cristo si aspetta questo stesso sentimento da tutti i credenti ed ha offerto Sè stesso come esempio.
- Una comunione autentica
Il perdono di Giuseppe era cosi grande che il suo più grande desiderio era quello di avere comunione con la famiglia. I fratelli inizialmente era preoccupati di una possibile vendetta di Giuseppe, ma dopo una chiara manifestazione d’amore di Giuseppe non ebbero più paura. Era cosi bello rivedere la famiglia nuovamente riunita. Anche se non sempre questo può essere possibile, dobbiamo però essere sempre disposti a perdonare, rinunciando a ogni eventuale rancore. Giuseppe fece il primo passo verso i suoi fratelli e il suo amore condusse a un rinnovato legame famigliare.
III. DIMOSTRARE PERDONO (Genesi 50:15-21)
Non sappiamo il tempo che Giacobbe rimase in terra d’Egitto, ma alla sua morte i suoi figli pensarono che Giuseppe non avrebbe avuto più alcun freno per vendicarsi di loro. Essi, pertanto gli mandarono un’ambasciata da parte del padre (non sappiamo se quelle riferite furono le effettive parole di Giacobbe) per perdonarli. Giuseppe non esitò a confermare il suo amore per i propri fratelli.
- a. Un perdono duraturo
Nel salmo 103:12 Davide scrisse: “Come è lontano l’oriente dall’occidente, cosi ha egli allontanato da noi le nostre colpe”. Questo è ciò che Dio ci chiama a praticare verso coloro che ci oltraggiano; si tratta di concedere a tutti un perdono totale e permanente. I fratelli di Giuseppe invece temevano che dopo la porte del padre (Giacobbe), Giuseppe si sarebbe vendicato su di loro, questo dimostrava che non avevano ancora compreso che il perdono e l’amore di Giuseppe erano del tutto sinceri. Cosi i Fratelli mandarono prima un messaggio a Giuseppe da parte di Giacobbe, poi, per rafforzare la loro supplica si presentarono davanti a lui e si misero in ginocchio a suoi piedi. Egli però si rivolse a loro con parole di profonda sapienza e umiltà: “Non temete; poiché sono io forse al posto di Dio? Voi avevate pensato del male contro a me; ma Dio ha pensato di convertirlo in bene, per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso” (Gen. 50:19,20). Giuseppe non si sarebbe preso il merito della salvezza della sua famiglia ne avrebbe abusato del suo potere, poiché riconosceva che ogni cosa proveniva da Dio è unicamente a Lui spettava la gloria.
- b. La provvidenza di Dio
Bisogna mettere necessariamente in risalto il fatto che Giuseppe diresse ripetutamente l’attenzione dei suoi fratelli verso Dio. Neanche una volta si era presentato loro come un eroe benefattore: essi avrebbero dovuto comprendere che la forza e la capacità di perdonare gli era venuta dall’Alto e dalla consapevolezza del suo ruolo nel piano di Dio. Il fattore chiave della vita di Giuseppe fu la sua fede nella sovranità di Dio. Ogni credente ha bisogno di avere ben chiara questa realtà: qualunque cosa accada, la nostra vita è nelle mani di Colui che saprà volgere a nostro vantaggio ogni avversità. Se crediamo fermamente in questa verità, potremo affrontare ogni difficoltà ottenendo sempre una vittoria completa. La vita di Giuseppe ci ricorda che il vero successo dipende dalla consacrazione al Signore. Chi può sconfiggere il Signore? Se Dio è per noi, chi potrebbe prevalere contro di noi? (Rom. 8:31). La vittoria finale che il Signore ci garantisce servirà ben più che a compensare tutte le ferite, le privazioni e le ingiustizie subite, poiché, come scriveva Paolo: “Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte né vita, né angeli, ne principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra, creatura potranno sperarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù , nostro Signore” (Rom.:37-39).
CONSIDERAZIONI FINALI
Le attitudini gradite al Signore non vanno d’accordo con la natura umana e l’idea di Dio riguardo al perdono ne è una chiara esemplificazione. Sarebbe stato perfettamente naturale, per Giuseppe, usare la sua autorità e mettere in atto la sua vendetta, ma i figli di Dio somigliano al loro Padre celeste. Giuseppe confidò nel Signore nel tempo dell’abbondanza e nella necessità, sia da schiavo sia da vicerè d’Egitto. Se seguiamo il suo esempio , allora vinceremo il dubbio con la fede, anche in mezzo alla tempesta più tremenda.